15. apr, 2017
Così perde la faccia
Cinque o sei anni fa ero a Pechino per chiudere i negoziati relativi alla costituzione di due società miste italo-cinesi, una a Roma ed una appunto a Pechino. I rapporti fra noi ed il nostro partner storico avevano intrapreso una nuova strada, più aderente ai tempi. Quasi quarant’anni fa infatti eravamo una società italiana che cercava di entrare in un Paese povero e in via di sviluppo portando tecnologie e finanziamenti di cui i Cinesi avevano estremo bisogno. Ora la situazione era cambiata ed anche la nostra collaborazione doveva essere adattata ai tempi. Noi Italiani eravamo certamente più avanti di loro per capacità tecnologica, esperienza e per tutte le attività di gestione di grandi progetti. Il nostro partner però aveva acquisito una buona esperienza di progettazione, e faceva parte di un Paese dove si potevano trovare manufatti di buona qualità a prezzi assolutamente competitivi con la concorrenza internazionale. Sopra tutto la Cina aveva una capacità finanziaria che, al confronto di quella italiana, si poteva considerare infinita. Erano insomma, anche se per motivi diversi dal passato, il partner ideale per affrontare un’agguerritissima concorrenza internazionale. Come può confermare chiunque abbia esperienza di collaborazione con società cinesi, specie grandi società di stato, mi ero armato di pazienza ed avevo discusso la mia idea con il Presidente della società che per fortuna conoscevo da molti anni. Era un passo fondamentale, infatti senza il suo supporto pieno, sia pure dietro le quinte, non sarei riuscito a muovere neanche i primi passi quando mi sarei trovato a discutere con una miriade di comitati e sotto-comitati. Ottenuto il primo placet, avevo appunto cominciato le discussioni e concordato vari aspetti inerenti alla costituzione di queste due società: la loro opportunità per prima cosa, e poi il business plan, la struttura generale, i possibili costi e ricavi, tutti gli aspetti fiscali e finanziari nelle due nazioni etc.
A poco a poco eravamo arrivati alla fine, ovviamente consapevoli che avevamo di fronte a noi persone a noi favorevoli e persone decisamente contrarie, che però si guardavano bene dal portare avanti le loro opinioni in maniera diretta, ma lo facevano in maniera “trasversale”, in linea del resto con la loro cultura. Mancava solo un problema da risolvere, che anch’io consideravo “minore”. Purtroppo devo entrare in un minimo di dettagli tecnici. Per non gravare le nuove società di eccessivi costi nei primi anni di attività si era deciso di utilizzare al massimo i dipendenti delle società madri che venivano “somministrati” alle nuove società secondo le loro necessità “ al costo”, vale a dire facendosi pagare i salari, ed i costi addizionali come contributi, costi generali di azienda etc., ma senza alcun profitto. Era, credevo, un aspetto facilmente superabile visto che, dopo decenni di collaborazione, ognuna delle parti conosceva abbastanza bene costi e prezzi dell’altra, ma non era così!
Io presentai loro una tabella abbastanza dettagliata dei nostri costi orari medi per le varie posizioni ed anzianità e, subito dopo, mi consegnarono le loro tabelle. Diedi una rapida occhiata e dissi alla signora che mi trovavo di fronte come capo delegazione in quel momento “ Ti ringrazio, la costruzione formale è perfetta ma ti consiglio di riguardarle. Secondo me i costi orari che mi indichi sono troppo bassi.” “Come troppo bassi? Ci sono stati dati dalla nostra amministrazione che li ha costruiti assieme alle risorse umane. Certamente conosciamo i nostri costi”. La discussione si stava avviando verso una brutta china e quindi mi affrettai a spiegare che certamente loro conoscevano i loro costi ma forse c’era stato un fraintendimento al loro interno. Infatti, per quello che sapevo, ma potevo certamente sbagliarmi, era loro abitudine distribuire i costi generali in maniera diversa fra i progetti nazionali e quelli internazionali per meglio fronteggiare le diverse concorrenze. Probabilmente la loro amminstrazione, sentendo parlare di una società in Cina, aveva pensato ad un mercato interno. Da qua il possibile equivoco. Del resto, se mi avessero confermato dei costi così bassi, sarei stato ben felice di accettarli. “Ti ringrazio, ti sei comportato da amico” mi disse la mia controparte, e ci demmo appuntamento per l’indomani.
Il giorno successivo colpo di scena. Mi viene presentato un foglio con i nuovi costi orari: identici ai nostri! Cado dalle nuvole; spiego che è impossibile, questa volta sono troppo alti. “Non sei mai contento- è la risposta- ieri erano troppo bassi e ora sono troppo alti.”. Mi armo di santa pazienza e spiego che non stiamo affrontando un negoziato commerciale in cui siamo controparti e quindi parliamo di sconti etc. Questo è un punto superato. Abbiamo deciso di somministrare il personale a costi “veri” qualunque essi siano, ma anche questi purtroppo non sono “veri” come non lo erano il giorno prima. Percepivo che l’atmosfera si stava guastando ma non potevo farci niente: non potevo accettare tariffe orarie che contenevano palesemente un elemento di profitto. Chiudemmo quindi anche questa sessione di discussioni senza aver raggiunto alcun risultato e ci demmo appuntamento per l’indomani pomeriggio. Questa era la Cina! Non era cambiata per niente rispetto a trent’anni prima! Una discussione che si poteva chiudere in un’ora era già durata due giorni.
L’indomani pomeriggio ci incontrammo di nuovo. Non c’erano fogli sul tavolo e mi venne detto “ I nostri costi te li abbiamo dati ieri. Non c’ è niente da aggiungere”. Con grande pazienza spiegai che loro avevano accettato i miei commenti quando avevo detto che i loro costi dichiarati erano troppo bassi era strano che li rifiutassero quando dicevo che erano troppo alti. In entrambi i casi i miei commenti nascevano dal fatto che, dopo tanti anni, conoscevo abbastanza bene la struttura dei loro costi e in entrambi i casi erano palesemente errati. Niente da fare. Muro! Non mi restò che chiudere a mia volta la riunione e chiedere un’ultima sessione risolutiva l’indomani con il membro del “board” da cui dipendevano questi argomenti. “ Domani ti faremo sapere”. “No aspetto qui una risposta, se non me la confermi subito domani torno a Roma”. Sapevano che se lo avevo detto lo avrei fatto, quindi due di loro uscirono dalla stanza e dopo una decina di minuti tornarono dicendo “ OK Mr Deng verrà brevemente domattina, anche se non ne capisce il motivo visto che ci siamo già scambiati i documenti necessari”. Non accettai la polemica perché una rissa a questo punto sarebbe stata disastrosa e chiesi loro di ringraziare a mio nome Mr. Deng per la sua cortesia.
Tornammo in albergo e andai nella lounge dopo aver declinato l’invito dei miei colleghi per andare a cena. Il momento era delicato e volevo restare da solo. L’indomani mattina probabilmente ci sarebbe stato uno “show down”, un confronto aperto che avrei dovuto cercare assolutamente di evitare. Pensavo che, senza una soluzione di compromesso, Deng avrebbe potuto solo accettare o rifiutare la mia posizione. Se l’avesse accettata avrebbe “perduto la faccia” di fronte ai suoi dipendenti, se l’avesse rifiutata avrebbe rischiato di mandare a monte la trattativa ritardandola di vari mesi in attesa di raffreddare il clima. Pensavo “ Francamente non capisco perché si sia messo in questa posizione. Ci conosciamo da molti anni, all’inizio della sua carriera fece un anno di training da noi i Italia, sa benissimo che sono loro amico e non cerco di approfittarmi della situazione. Perché allora lo ha fatto? Come è stato possibile che sia cascato in questo tranello che qualcuno della sua società, avversario dell’iniziativa, gli ha teso per bloccarla e renderlo responsabile del fallimento? Oppure è proprio lui che vuole far fallire l’iniziativa e blocca tutto proprio in vista del traguardo?”.
Tante idee mi frullavano per la testa. Avevo speso due anni dietro a questa idea che poteva cambiare radicalmente le strategie commerciali della nostra azienda e non volevo tornare a casa sconfitto e con le pive nel sacco. Ma cosa fare? Come comportarsi? Dovevo trovare una risposta in una maniera più rilassata, quindi ordinai una birra, delle olive e qualche “stuzzichino” e mi sedetti comodamente in poltrona ascoltando la musica.
Come faccio spesso in questi casi, lasciai la mie mente libera di vagare a suo piacimento. E’ una sensazione strana. I pensieri e i ricordi più strani cominciano ad affiorarmi; passato e presente tornano in superficie per poi sparire dopo un attimo. E’ come sognare ad occhi aperti, e continuai a vagare finchè qualcosa, un episodio mi tornò nitido alla memoria. Era il ricordo di una situazione analoga all’inizio della mia vita in Cina. Eravamo nella solita “guest house”, il solito gruppo di disperati e stavamo svolgendo il “technical exchange meeting”. Era questo un momento fondamentale di qualsiasi grande progetto in Cina. Quando il progetto era ad un certo stato di avanzamento una nostra delegazione, una decina di persone, una per ogni specialità, si riuniva con la delegazione cinese, qualche centinaio di persone e, in riunioni parallele si illustravano tutti gli aspetti del lavoro . Facile a dirsi, ma questa riunione durava più di un mese e a parte i normali chiarimenti e commenti, in essa venivano al pettine tutti i nodi irrisolti durante le trattative prima dell’aggiudicazione e, soprattutto, tutti gli errori o le omissioni fatti dal cliente che era difficile ammettere “tout court”.
Infatti un errore in Cina si pagava duramente, quindi si doveva sempre trovare una soluzione per cui non fosse colpa di nessuno e tutti risultassero “vincitori”. Non a caso tutti i verbali a chiusura delle riunioni in Cina si aprivano con la fase seguente “The Parties, after an exhaustive and fruitful meeting, in a spirit of friendship and cooperation, have agreed the following” “ … Le Parti, in uno spirito di amicizia e cooperazione hanno concordato quanto segue..”
Non era ammissibile che una Parte fosse vincente e l’altra soccombente. Per questo, fu una scoperta di quel periodo, l’istituto dell’arbitrato, previsto in ogni contratto anche in Cina, era nei fatti una clausola a quei tempi mai applicata. Un arbitrato infatti termina con una sentenza senza appello e quindi con un vincitore ed un perdente, magari con qualche attenuante, ma sempre con un vincitore e un perdente. In Cina ciò era, e in un certo senso lo è ancora, assolutamente inconcepibile. Bisognava sempre trovare una soluzione in cui tutti risultassero vincitori, almeno sulla carta.
Di quel periodo ho tuttora vivissimi due ricordi che vi racconto brevemente.
Il primo: il contratto di cui parlo prevedeva la fornitura di una quantità enorme di capannoni in strutture e pannelli prefabbricati. Il nostro Cliente, per risparmiare, si era incaricato di essere lui stesso ad effettuare quella fornitura, non enorme in termini dI costi, ma essenziale per la realizzazione dell’impianto nei tempi previsti. Ben presto però si erano resi conto di non poter fornire i pannelli in tempo e quindi ci proposero una variante d’ordine in cui noi ci incaricammo della fornitura per un prezzo che concordammo rapidamente. Bene, una notte stavo tranquillamente dormendo in guest house quando sentii bussare alla porta. Guardai l’orologio: era notte fonda. Pensai di avere sognato, ma dopo qualche minuto, di nuovo “toc-toc”. Mi alzai ed in pigiama aprii la porta. La solita interprete onnipresente mi chiese di entrare assieme a due altissimi funzionari. Li feci entrare, ci sedemmo tutti sul mio letto e sull’unica sedia e cominciammo con i soliti convenevoli come se fossero le dieci di mattina. Io ero sempre più sul chi vive e finalmente arrivammo al dunque. “ Vedi – mi disse il capo – se ti ricordi abbiamo firmato una variante d’ordine per la fornitura dei pannelli”. Annuii in silenzio. “ bene, al ministero mi hanno detto che li ho pagati troppo” “ E quindi?” risposi sconcertato; “dobbiamo ridurre il prezzo” “Ma come – dissi- il contratto è firmato e in vigore; noi, proprio a causa dell’urgenza abbiamo già comprato i materiali. Come posso tornare in azienda e dire che vi ho ridotto il prezzo? La trattativa è già finita!” E qui cominciò la solita tiritera sull’amicizia, sulla collaborazione eterna, sulla necessità di guardare al futuro, eccetera eccetera. Non sapevo come uscirne ma ero confidente che loro avevano già una possibile soluzione in tasca ed erano venuti di notte nella mia stanza proprio per discuterne in maniera informale. E la soluzione arrivò . “Noi dobbiamo essere tutti vincitori in questo contratto e per questo non vogliamo ridurre il tuo profitto” “???” “ Nel contratto esiste una clausola su cui lavorare, ma dobbiamo chiudere in fretta, questa notte, in modo che domani possa annunziare che tu, in amicizia, hai accettato di ridurre il prezzo” “Spiegami” “risposi. “Noi abbiamo concordato che io ti riconosca un certo compenso per i giorni che il tuo personale trascorrerà in Cina. Abbiamo anche concordato, ma nella versione cinese del contratto non è chiaro, che per “giorni” si intendano quelli effettivamente trascorsi in Cina. Se io ti riconoscessi anche i due giorni di viaggio ecco che incasseresti più soldi. Inoltre, se ti rimborsassi anche i biglietti aerei dei viaggi del management (che oggi non sono previsti a nostro carico) potresti recuperare altri soldi. L’unica cosa su cui insistiamo è che dobbiamo risolvere tutto stanotte”. Di queste riunioni notturne ne avevo effettuate più di una. Di chiamare in Italia non se ne parlava con i telefoni inesistenti di cui vi ho parlato in passato, quindi accettai di entrare in questo baratto, noi diremmo “ da suk arabo” e feci una proposta abbastanza sicura per me, sulla base di conteggi assolutamente “ad occhio”. Essa fu immediatamente accettata e fra larghi sorrisi scrivemmo immediatamente due memorandum pieni di “ amicizia e cooperazione”. Così si facevano gli affari in Cina!
Secondo ricordo che poi è quello che mi tornò alla memoria nella lounge: durante il technical exchange meeting erano sorte innumerevoli incredibili difficoltà , fondamentalmente perché i cinesi avevano sbagliato a fornirci un dato assolutamente fondamentale per la nostra progettazione che aveva creato, a parte gli extra costi, dei ritardi che non eravamo riusciti a colmare del tutto. Il capo della loro ingegneria non faceva che rimproverarci di questi ritardi ed attribuirci colpe che non avevamo. La situazione non si sbloccava e un giorno all’ improvviso si presentò in riunione il direttore generale, Mr.Wu, mio buon amico, che aveva molta stima di me. Mr. Liu, la mia controparte, gli fece un riassunto a modo suo della situazione, io obbiettai che non ero d’accordo ed alla fine Mr.Wu sentenzio’ “stasera dopo cena ci vediamo tutti in sala riunioni, mi spegherete bene le vostre ragioni ed io deciderò “. Non mi ero mai trovato in Cina in una situazione del genere ed ero convinto che sarebbe finita male.
Dopo cena andammo in sala riunione a delegazioni complete e la tensione era palpabile. Si cominciò con le solite schermaglie e, ad un certo punto io chiesi “Ma insomma andiamo sul concreto. Quali documenti, quali disegni mancano?” Sapevo che era una domanda difficile, fatta in maniera così diretta, perché in qualche modo Liu avrebbe dovuto ammettere le sue responsabilità alla radice di tutto. Si mise a parlottare con uno dei suoi collaboratori ed alla fine disse “ mancano i disegni delle fondazioni e quindi io non posso procedere con la mia parte di lavoro” Era L’unico argomento che non dipendesse dalla sua responsabilità primigenia. “Quali fondazioni mancano – dissi- non restate nel generico!” Fu molto sorpreso. Pensava che io mi sarei genericamente scusato in modo da chiudere lì . Forse avrei dovuto seguire il suo tacito invito, ma si era spinto troppo avanti e troppo in alto. Non sapevo come avrebbe reagito il gran capo se avessi ammesso il mio torto. Comunque il dado era tratto! Mr. Liu si consulto’ di nuovo con i suoi e poi disse “la pompa P-104 per esempio! “. Presi il disegno sorridendo e dissi “ma hai visto quanto pesa questa pompa? 2 chili. Che razza di fondazione vuoi che ti disegni ?“ La riunione annego’ in una sonora risata. Mr. Wu si alzo’ di scatto dalla sedia e disse “basta così, la riunione è finita “ ed usci’ rapidamente.
Mr. Liu non comparve più in riunione. Solo qualche mese dopo lo incontrai per caso in un corridoio con una divisa sdrucita, ben diversa da quelle che indossava prima. Abbassò gli occhi e fece finta di non vedermi. Aveva messo in ridicolo la sua azienda e fatto perdere la faccia al suo capo ed era stato punito.
Non se lo meritava, ed era anche colpa mia.
Questo è ciò che mi venne in mente quella sera di molti anni dopo, durante le mie riflessioni nella lounge con cui ho iniziato la mia nota. Cosa avrei dovuto fare? La Cina era moto cambiata, ma la mentalità era la stessa! Decisi che l’indomani sarei stato estremamente morbido, mi sarei cosparso il capo di cenere, ma comunque non potevo cedere su una questione così fondamentale. Bevvi un’altra birra ed andai a dormire.
L’indomani andammo in sala riunione, trovammo le nostre controparti schierate, e finalmente si presentò Mr. Deng. “Hai chiesto di vedermi e sono venuto in omaggio alla nostra vecchia amicizia ma ho pochissimo tempo . Spiegami che vuoi”. Lo ringraziai calorosamente perché , nonostante i suoi numerosissimi impegni che l’alto ruolo gli imponeva, aveva trovato qualche minuto per questo argomento non certo degno di una sua attenzione , e spiegai tutta la situazione. “Vedi -mi rispose- la Cina non è più quella di 30 anni fa, di quando eravamo giovani. Ora siamo cresciuti, i nostri salari sono alti e non possiamo accettare di pagare i vostri dipendenti più di quanto voi paghiate i nostri”. Le cose si mettevano male. Stava chiamando in causa la dignità del Paese! “Tutto ciò che mi stai dicendo è vero – risposi paziente- ma abbiamo deciso di considerare solo i costi effettivi, e di rivederli ogni anno. Considerando la vostra inflazione e la nostra, nell’ambito di qualche anno i costi diverranno uguali, ma oggi non lo sono”. La discussione andò avanti per un po’ senza alcun risultato finché Mr Deng tronco’ “ Basta, devo andare. Le nostre tariffe sono quelle che ti abbiamo dato ieri”. In un ultimo tentativo di soluzione pacifica lo ringraziai ancora e dissi che sarei partito l’indomani sera. Se la situazione nel frattempo non fosse cambiata non avrei firmato alcuna nota di riunione ed avrei raccomandato alla mia azienda di considerare chiusa l’ipotesi di società congiunte.
Era di nuovo lo “show down” ma mi auguravo che la Cina fosse cambiata.
Ed era cambiata! L’indomani mattina fui invitato ad una riunione in cui finalmente mi portarono le nuove tariffe, questa volta corrette. Firmammo subito la nota di riunione e qualche mese dopo le società miste furono costituite ed esistono tuttora.
La mentalità cinese però non era cambiata . Mr. Deng aveva perso la faccia e la cosa non poteva chiudersi così. Qualche anno dopo lui era diventato ancora più potente, avevamo continuato a frequentarci, ma non aveva dimenticato….
e alla fine trovò il modo di farmela pagare!
Ultimi commenti
23.11 | 15:42
Grazie, leggo sempre con piacere i tuoi articoli.
19.09 | 17:02
O.K. !!!
31.05 | 14:33
Grazie a te. So bene che i miei articoli sono abbastanza "pesanti" e quindi talvolta noiosi
31.05 | 13:16
Notevole questo articolo del 30 maggio. Attendo con impazienza il seguito tra un mesetto! Grazie Nino per il tempo che dedichi a provare a colmare la nostra immensa ignoranza. A presto.