22. mag, 2018
HUTONG: UN ANGOLO DI PECHINO CHE STA SCOMPARENDO
Oggi torno a parlarvi della vecchia Pechino e di un suo aspetto particolare che è quasi scomparso, soffocato dalla crescita sfrenata dell’edilizia, a sua volta dovuta ai milioni di persone che vi ci si sono riversati e continuano a farlo per i motivi di cui vi ho parlato più volte.
Nel 1272 l’imperatore Shizu della dinastia Yuan dichiarò Dadu, oggi Beijing, capitale dell’impero. Essa era costruita secondo le regole del Feng Shui (l’antica geomanzia) ed includeva il Palazzo Imperiale, la città imperiale e la città esterna, tutte in forma di rettangolo con l’ingresso principale rivolto a sud. Nella zona centrale sorgeva il lago Taiye che oggi corrisponde ai laghetti Beihai e Zhonghai. La città interna era cinta da mura fortemente presidiate da truppe per proteggere il palazzo imperiale ed aveva nove porte. Durante la dinastia Ming anche la città esterna fu circondata da mura, con sette porte di accesso. All’interno di queste c’erano le aree più affollate di gente con vestiti multicolori che si muovevano qua e là come formiche. Otto secoli fa quindi cominciarono a diffondersi le siheyuan, le antiche case tradizionali costituite da edifici posti in forma di rettangolo con al centro un giardino e circondate a loro volta da una cinta muraria. Questi “isolati” erano circondati e collegati da “hutong” strade prevalentemente orientate in direzione est-ovest per collegare gli ingressi alle varie siheyuan (che dovevano essere sul lato sud). Altri hutong in direzione nord sud, completavano la sistemazione urbanistica che ricordava un accampamento militare, derivante dalla cultura mongola. Per molti quest’antichissima area rappresenta tuttora la vera realtà culturale di Pechino. Più a sud si estendeva la città “cinese”, con colori, caratteristiche e cultura completamente diverse. Vi invito a osservare le Fig. 1 e 2 che riproducono antiche mappe con le indicazioni di cui sopra (la prima) e alcune interessanti notizie (la seconda)
Hutong è una parola Mongola che significa "pozzo d'acqua". Perché questo nome? Allora, come oggi, Pechino aveva un clima semidesertico e la carenza d'acqua costituiva il problema principale per il suo sviluppo. Al giorno d'oggi enormi progetti sono in corso di realizzazione per togliere la sete a questa gigantesca megalopoli (e ve ne ho parlato in passato), ma allora si poteva contare essenzialmente sui pozzi scavati qua e là. Intorno ad essi si costituivano piccoli aggregati abitativi collegati appunto dagli hutong. Essi ebbero un notevole sviluppo durante le dinastie Ming e Qing, fino ad arrivare a oltre 4000 nel 1949, anno della proclamazione della PRC. Con la crescita tumultuosa della città cominciò il loro degrado e la loro distruzione, fino ai circa 1000di oggi.
A questo proposito mi piace ricordare che, quando negli anni '90 si cominciavano a notare le prime avvisaglie di questa "modernizzazione", io mi trovai parecchie volte a discutere con i miei conoscenti locali di quest’argomento, e dicevo loro "Cari amici, io ormai mi ritengo vostro amico e mi permetto quindi di parlarvi da amico”. “Voi siete gli eredi di una grande ed antichissima cultura, la più grande della storia mondiale assieme a quella sorta nella stesso periodo sulle sponde del Mediterraneo. La rivoluzione culturale ha tentato di distruggere tutte le basi filosofiche della vostra storia millenaria. Mi auguro che riuscirete a recuperare questo aspetto "immateriale". “Ma c’è un altro aspetto che state rischiando di perdere per sempre. Durante la rivoluzione culturale bande di fanatici cercarono di distruggere (riuscendoci in parte) tutti I simboli della vostra storia. Oggi voi, senza rendervene conto, state facendo lo stesso: in un’ansia di modernità distruggete la vostra vita passata per costruire una città anonima, omologata a qualsiasi altra città dell’occidente. Noi in Italia siamo arrivati all’eccesso opposto perché dimentichiamo che una città è qualcosa di vivo, soggetta quindi ad adattarsi alle necessità di ogni tempo ed invece tentiamo di cristallizzare ogni sasso, ogni più piccolo ed insignificante elemento del passato. Dobbiamo trovare, e lo dico a voi e a noi, una via di mezzo. Facciamo in modo che le nostre città con una storia millenaria continuino a evolversi ma senza cancellare la memoria del passato. Tale memoria non è costituita solo dai grandi monumenti come la Città Proibita o il palazzo d’estate a Pechino, oppure come il Colosseo o i Fori a Roma. La memoria di una città è anche l’aria che si respira camminando per i vecchi quartieri nei quali, chiudendo gli occhi, sembra di rivivere il passato, quel passato che è l’espressione della nostra storia. Noi siamo figli ed eredi di quel passato.”
Torniamo a noi perché come al solito tendo a divagare.
L’insieme di queste piccole costruzioni sorte attorno ad un cortile centrale, erano congiunte come dicevo da viuzze strette e talvolta tortuose per cui viste dall’alto esse ricordavano una scacchiera costellata di macchie verdi create da piccoli giardini. Ancora oggi è facile perdersi in quelle viuzze che costituivano punti di aggregazione fra gli abitanti della zona e che danno spesso la sensazione di immergersi nella vita della vecchia Pechino. In queste viuzze si vedono ancora bagni in comune e toilets pubbliche e una moltitudine di negozi che vendono merci di ogni tipo
Gli hutong ad est e a ovest del Palazzo imperiale erano riservati alle classi nobili, e ai funzionari imperiali a cui l’imperatore assegnava un appezzamento di terreno. Erano indubbiamente i più grandi ed eleganti. Gli hutong a nord e a sud erano più semplici, meno decorati e abitati dalle famiglie di mercanti e artigiani. Per farvi un’idea degli hutong, ricordo che durante la dinastia Yuan, una strada “standard” era larga 36 metri, una di 18 metri era considerata “piccola” mentre gli hutong erano larghi al massimo 9 metri. Alcune curiosità interessanti: il più stretto (Quianshi hutong) è largo in media 70 cm e nel punto più stretto addirittura 40 cm. Al suo estremo c’è una siheyuan che costituiva il centro finanziario dell’epoca e si dice che la strada fosse così stretta per impedire la fuga di eventuali ladri; il più tortuoso è il Jiuwan Hutong che ha ben 13 curve in 390 metri di lunghezza.
La disposizione architettonica più semplice di una siheyuan si può vedere nella foto allegata. I vari edifici erano abitati dai membri della famiglia secondo ordini gerarchici ben precisi. Ovviamente esistevano, per famiglie molto ricche e importanti, delle gigantesche dimore fino ad arrivare a quella di Pingyao che vi ho descritto in passato (vedi la mia nota del 14/10/2017) con numerose fotografie e che ospitava 1000 membri della famiglia Wang e 2000 servitori.
Qui a Pechino, all’interno della città imperiale (attorno alla Città Proibita) abitavano famiglie della nobiltà, alti funzionari del palazzo imperiale, alti ufficiali dell’esercito, in parole povere tutta la classe dirigente della nazione. Essi al calar del sole dovevano uscire dalla città proibita perché al suo interno nessun uomo poteva dormire ad eccezione delle guardie più fedeli, deputate alla sicurezza della famiglia imperiale e ovviamente degli eunuchi che, in altissimo numero, gestivano tutti i servizi, anche con mansioni molto importanti.
Fin dall’esterno si poteva capire, al di là della sontuosità dei palazzi, chi viveva in ogni siheyuan. Infatti sono visibili ancora oggi delle pietre scolpite ai lati dell’ingresso e delle borchie sporgenti al di sopra di esso che definivano la funzione ed il livello gerarchico del capofamiglia. Se i tamburi di pietra erano rotondi significava che il proprietario era un militare; un tamburo quadrato indicava un funzionario civile. Anche le loro decorazioni avevano un significato: ad esempio un tamburo con il bassorilievo di un leone indicava un membro della famiglia reale. Nella stessa maniera le borchie al di sopra della porta indicavano il livello della persona; la porta in figura, con quattro borchie, indicava certamente una persona di altissimo rango. Questa necessità di evidenziare il livello gerarchico è una caratteristica che non è mai scomparsa nella cultura cinese. Anche nel periodo più rigido del maoismo ci ricordiamo che tutti, uomini e donne, vestivano la stessa uniforme grigia o blu (i militari verde). Se ci si avvicinava alle singole persone si notava però che alcune uniformi erano lise, sdrucite, e di taglia molto approssimativa, mentre altre erano di tessuto finissimo, ben stirate e chiaramente fatte a misura da un sarto molto capace. Qual era il ruolo e il livello sociale di queste persone? Lascio a voi immaginarlo.
Una casa ancora oggi esistente e molto famosa è la casa del Principe Kung, ubicata lungo la Yandaixiejie (oggi Tobacco Pipe byway). La storia di questa bella dimora merita un cenno particolare. Essa fu costruita nel 1777 per un giovane funzionario imperiale di nome Heshen che fece una rapidissima carriera grazie alla benevolenza dell’imperatore ed alle sue capacità. Diventato molto ricco e oggetto dell’invidia di molti, fu accusato di corruzione e messo a morte dal nuovo imperatore che confiscò la casa e la destinò al suo figlio più giovane.
Alla fine, nel 1851, dopo altri passaggi la struttura divenne proprietà del principe Kung da cui prese il nome odierno. Quest’ultimo ebbe un ruolo importantissimo nel governo della Cina e fu il principale negoziatore con le potenze occidentali durante la seconda guerra dell’oppio. Nel 1921, dopo il collasso della struttura imperiale, suo nipote la cedette all’ordine cattolico dei Benedettini che la restaurarono e ne fecero un’importante università, la Furen Catholic university, che ebbe per un trentennio una grande importanza. Nel 1951, quando tutti gli ordini cattolici furono banditi dalla Cina essa fu formalmente inglobata nell’università di Pechino e di fatto scomparve. Oggi quest’università esiste a Taipei, nell’isola di Taiwan. La casa declinò di nuovo, finché, durante la rivoluzione culturale, fu adibita a fabbrica di condizionatori. Nel 1982 essa fu di nuovo restaurata ed ora è protetta per legge come importantissimo luogo culturale. Oggi è visitabile ma non è molto conosciuta, almeno in Italia.
Moltissime leggende sono legate ai nomi delle strade e alle persone che vi abitarono. Fra le più recenti vi ricordo l’ultima imperatrice madre, e Sun Yan Sen, fondatore e primo presidente della repubblica cinese.
Non mi dilungo oltre ma mi preme accennarvi la situazione e le problematiche odierne che costituiscono i dilemmi di tutte le grandi metropoli. Esistono numerosi trattati, dibattiti, e studi sull’argomento, ma mi limiterò a delinearvi i punti principali.
- Nella fase iniziale della crescita della nuova Pechino era necessario creare spazio e costruire case per la popolazione crescente. Il regime dirigista ebbe il potere di demolire rapidamente e senza tanti complimenti le vecchie case, costruendo palazzi anonimi e “moderni”. Gli abitanti delle vecchie case ebbero nuovi appartamenti certamente più adatti alle esigenze odierne, ma furono brutalmente sradicati dalle loro abitudini, dai loro contatti con i vicini che si tramandavano da padre in figlio, dalle loro abitudini. Molti di loro non riuscirono mai ad abituarsi alla nuova vita.
- A un certo momento le autorità si resero conto che stavano distruggendo la loro cultura, ma come fare a preservarla? Per un certo periodo molti hutong furono abbandonati a se stessi, ma erano ormai fuori dal tempo e dalle esigenze di oggi. Gironzolando si possono vedere alcuni di essi, ma è impressionante imbattersi in persone che ancora trasportano per strada le vecchie formelle fatte di pezzetti e polvere di carbone impastate con sostanze peciose come si usava in passato. Io ricordo che esse erano l’unico sistema di riscaldamento a Pechino ancora negli anni ’80 e ’90 ma poi furono lentamente sostituite con sistemi meno inquinanti. Qui le formelle di carbone ancora esistono, come esistono i gabinetti comuni e pubblici e condizioni igieniche indecorose. Purtroppo il puro e semplice restauro sarebbe impossibile senza trovare il modo di farle rivivere.
- Si è cercato per un certo periodo di incentivare le attività commerciali, la creazione di bar, ristoranti, alberghi ed attrazioni turistiche in genere, sia a beneficio degli abitanti di Pechino che dei visitatori stranieri. Questo esperimento è in parte riuscito. Oggi è piacevole visitare vari hutong, dove è possibile sia vedere le vecchie case, alcune ben restaurate, sia pranzare, cenare e perfino alloggiare in alberghi di vari livelli, godendo un po’ la vita della vecchia Pechino. Bisogna evitare però le vie più affollate, e questo costituisce un ulteriore problema.
- Purtroppo, infatti, il fattore numerico costituisce in Cina un problema enorme. Tutto qui è gigantesco. Gli hutong più famosi sono stati invasi da maree umane tanto da impedire agli abitanti veri ogni possibilità di sopravvivenza. Essi sono immersi in una folla continua che non permette loro di dormire la notte e avere una vita accettabile di giorno. Sono quindi di nuovo costretti, questa volta dalle circostanze, a sradicarsi ed emigrare altrove in anonime, anche se ben attrezzate, case periferiche. E a questo punto torniamo di nuovo all’abbandono e alla morte delle aree storiche.
- La municipalità oggi è stata costretta a vietare l’ingresso a certi hutong particolarmente affollati, ai gruppi di turisti organizzati nel tentativo di limitarne l’afflusso.
Mi accorgo di aver parlato anche troppo. Vi invito quindi a guardare le fotografie che sono il mezzo migliore per darvi un’idea di quanto ho detto.
Soprattutto vi invito a visitarli. Si dice che Pechino da un punto di vista turistico sia poco interessante. Non sono d’accordo. Pechino è così enorme e così dispersa che bisogna essere in grado di trovare i punti dove sopravvive la vecchia Cina.
Io ci sono tornato di recente e le foto allegate sono il risultato di una giornata passata lì.
Nella prossima nota vi darò il link di alcuni filmati brevi ma interessantissimi che descrivono i differenti punti di vista degli abitanti di Pechino su questo argomento molto dibattuto.
Ultimi commenti
23.11 | 15:42
Grazie, leggo sempre con piacere i tuoi articoli.
19.09 | 17:02
O.K. !!!
31.05 | 14:33
Grazie a te. So bene che i miei articoli sono abbastanza "pesanti" e quindi talvolta noiosi
31.05 | 13:16
Notevole questo articolo del 30 maggio. Attendo con impazienza il seguito tra un mesetto! Grazie Nino per il tempo che dedichi a provare a colmare la nostra immensa ignoranza. A presto.